Ristoranti in rivolta: «Fateci restare gialli»

L’Emilia Romagna aspetta il verdetto di domani: arancione sempre più probabile. «Avanti così la nostra economia non regge più»

Continuano a crescere di pari passo la rabbia dei ristoratori e la loro attesa per tentare di capire quale colore assumerà l’Emilia-Romagna dalla prossima settimana o

magari da domenica stessa. Un sentimento che si inasprisce di giorno in giorno, mentre l’indice Rt si avvicina pericolosamente a 1 (superato ad esempio a Bologna e ancora di più a IMola), soprattutto in virtù di un continuo tiramolla che si trascina ormai da mesi, con la giostra di aperture e chiusure e le entrate sempre più ridotte all’osso. D’altronde il rischio di vedere la regione ripiombare in zona arancione «è elevato», come ha messo in chiaro lo stesso presidente Stefano Bonaccini nella nostra intervista di ieri, il conseguente stop all’apertura giornaliera di bar, pizzerie, pub, bistrot, ristoranti e migliaia di altri locali che ha donato un po’ di respiro in queste settimane. Tutto questo mentre 11mila imprese da Piacenza a Rimini hanno risposto al bando per ulteriori ristori emanato della Regione con l’Unione delle Camere di commercio, in modo da tamponare le perdite causate dal Covid con un pacchetto di oltre 21 milioni di euro. In pratica, un’attività commerciale su due. A raccogliere il grido sempre più forte degli operatori del comparto è Confcommercio Ascom, attraverso le parole del proprio presidente regionale Enrico Postacchini, che ribadisce: «Così la nostra economia non reggerà». «Si sta verificando quello che ci aspettavamo già sul finire dello scorso anno – puntualizza Postacchini– non possiamo andare avanti con il lavoro a singhiozzo. E’ il momento di fare una scelta, cioè decidere se far crollare l’intero sistema e disperdere un lavoro decennale o mettere le nostre imprese in condizione di lavorare seriamente». I ristoratori da mesi si adattano a misure sempre più stringenti e sacrifici sempre più pesanti per restare allineati alle disposizioni anti contagio: un peso che minaccia di schiacciare l’intera categoria. «Ci dicano in quale modo lavorare, ma ce lo lascino fare - aggiunge il presidente di Ascom -. Poi entreranno in gioco le associazioni, con uno sforzo importante per permettere alle imprese di andare avanti anche in un quadro contingentato. Si aumentino i controlli, che devono essere serrati contro chi non rispetta le regole, o si ricorra all’esercito, utile strumento di prevenzione e supporto al nostro sistema sanitario, ma non si blocchi l’intero tessuto commerciale: parliamo di un vero e proprio boomerang per lo Stato, che da inizio pandemia soltanto nel settore in questione ha perso un gettito da 11 miliardi di euro». I gestori, intanto, continuano a barcamenarsi nell’incertezza sul proprio futuro: lo conferma anche Biagio Passaro, manager della catena Regina Margherita - che conta sette locali nel territorio emiliano-romagnolo - e guida del movimento ‘#ioApro’. «Immagino che a partire da domani avremmo un po’ più di chiarezza sulla nuova colorazione, noi per ora continuiamo a prendere prenotazioni da domenica nella speranza che ci venga concesso di restare aperti - sottolinea Passaro -. Ma non restiamo fermi: lunedì andremo a Roma a far sentire la nostra voce, per una manifestazione davanti al Senato che raccoglierà migliaia di attività». La rabbia, sembra evidente, non accenna a fermarsi. 

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